Madrid 1 | Ordine Architetti di Como
Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Como
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Madrid 1


VIAGGIO STUDIO MADRID 2002 – Itinerario I

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MADRID – Centro JUAN NAVARRO BALDEWEG

Puerta de Toledo Centro per servizi sociali e centro culturale, 1985-1988

Uno dei nuclei di maggior importanza nell’area di San Francisco el Grande a Madrid è quello formato dalla Biblioteca e dal Centro di Servizi Sociali intorno alla Glorieta della Puerta de Toledo.

Il progetto propone un nuovo ordine strutturale in favore della singolarizzazione architettonica di ognuno degli spazi che, a modo di “evento”, incorniciano l’area compresa tra la chiesa di San Francisco, la Gran Via, la chiesa de la Paloma e la Puerto de Toledo.

Stabilita una relazione sintattica dell’insieme, gli edifici possono liberarsi di alcuni degli elementi di continuità come gli allineamenti o le altezze uniformi, configurandosi come corpi scultorei generatori del proprio spazio.

Per comprendere il progetto bisogna considerare il disegno generale della Puerta de Toledo: da una parte si ridefinisce il suolo che acquista una grande importanza nella formazione delle spalle della Glorieta e dall’altra nello sbocco della Calle de Toledo. Il piano della Piazza davanti alla Chiesa della Virgen de la Paloma, si mantiene quasi alla stessa quota fino alla Glorieta, apparendo come un piano panoramico e lasciando così visibile il dislivello che copre lo sviluppo del secondo tratto della Gran Via de San Francisco. Questo muro di contenimento e la rampa hanno la risposta simmetrica nel basamento della biblioteca dall’altra parte della Calle Toledo. Per non oscurare la Puerta de Lopez Aguado e per conservare il Parque de Bomberos, particolare attenzione è stata data alla scala degli edifici.

L’equilibrio dei volumi, il gioco di pieni e vuoti, si integra nella conformazione di un anello di poca altezza intorno alla Puerta, orientandosi a lei nei limiti della scala considerata più appropriata. Il vuoto della piazza alta dall’altro lato de la Calle de Toledo dialoga con carattere complementare con il pieno della cupola della Biblioteca.

La tensione nella presenza simultanea di effetti di concavità e convessità sono essenziali nell’esperienza spaziale della Glorieta.

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MADRID – Centro JUAN NAVARRO BALDEWEG
Biblioteca Pedro Salinas
Biblioteca, 1990-1994
La biblioteca, come edificio di carattere civico, si distacca nella piazza disegnando con nitidezza il suo profilo. Il volume della cupola risolve, nella generalità della sua forma, le varie necessità di trattamento dello spazio urbano che questo punto esige.
L’edificio è formato da quattro piani. Nel piano interrato e con entrata laterale indipendente, c’è la biblioteca infantile (allo quale si può accedere anche dal piano superiore). Qui si trovano la sala lettura e libri per bambini, il deposito di libri per tutta lo biblioteca e la sala macchine. Al livello della strada, c’è la sala prestito con le librerie disposte radialmente, di facile accesso e controllo, e una sala conferenze per circa settanta persone. Al piano superiore e con un altro accesso indipendente dalla Glorieta de la Puerta de Toledo, c’è la sala lettura di due piani con una zona a doppia altezza dove si dispongono scaglionatamente le librerie, una zona per riviste e per audiovisivi.
Il disegno strutturale e gli effetti di luce naturale nel tamburo della cupola sono stati particolarmente studiati nel progetto. I paramenti esterni del basamento sono di granito grigio, e la parte superiore della biblioteca è in pietra naturale bianca.
Il disegno di questi paramenti, nel rispetto della pietra, nella composizione dei vuoti e nel trattamento della copertura, sono stati studiati in relazione agli edifici del Centro de Servicios Sociales dall’altro lato della Calle Toledo.

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MADRID – Retiro RAFAEL MONEO
Stazione di Atocha
Stazione, 1984-1992

A Madrid Moneo ha progettato una sequenza di spazi aperti-scoperti che si pone come declinazione e continuazione ideale dell’intorno urbano, continuità riaffermata delle molteplici trasparenze e viste che si istituiscono fra le varie parti del complesso nodo ferroviario di Atocha.
Dati di partenza per la progettazione sono l’intenzione di quadruplicare la capacità della vecchia stazione e di eliminare il sovrappasso automobilistico in Glorieta de Carlos V. La nuova stazione diventa in realtà un insieme di funzioni urbane facenti perno sulla vecchia stazione recuperata e liberata dai binari (in essa sono sistemati i servizi-viaggiatori, mentre lo spazio degli ex-binari è stato trasformato da altri progettisti in giardino d’inverno con piante tropicali).

Il progetto del nuovo complesso funzionale parte dall’accettare il dislivello fra il piano stradale e quello della vecchia stazione, creando intorno a questa una piattaforma depressa che valorizza il vecchio edificio isolandolo. A sud della vecchia stazione vi sono le due nuove stazioni delle linee a breve e a lunga percorrenza, collegate fra loro, con la metropolitana, con la vecchia stazione, con la piazza pedonale e, a livello stradale, con i parcheggi delle automobili e con la stazione degli autobus. La stazione di Atocha è definibile come una costellazione di elementi diversi e collegati, un progetto che si svolge su piani orizzontali diversi inglobando il preesistente (edificio della vecchia stazione), flettendosi e adattandosi al contesto urbano rispetto al quale cerca di istituire trasparenze, viste e percorsi multipli, zone-filtro di sosta pedonale o di parcheggio. Rispondono a queste esigenze la piazza pedonale; l’edificio cilindrico di ingresso alla stazione degli autobus pensato come un gigantesco lucernario per l’illuminazione dei piani sottostanti; le pensiline dei due pareheggi-automobili risolte entrambe con elementi modulari metallici. Nella stazione, linee a lunga percorrenza, la suggestiva altezza di pilastri in cemento armato, di supporto alle unità modulari metalliche della copertura, è giustificata dall’esistenza di livelli orizzontali diversi (il piano delle banchine, il piano del mezzanino, e il piano stradale di parcheggio) e della volontà di aprire lo spazio della stazione verso la città. L’imponenza di questa pilastrata (che sfugge dalla maglia ortogonale per rispettare l’allineamento col fronte della vecchia stazione), cosi come l’imponenza della vetrata di chiusura sul “lato nord, non si qualificano peraltro high-tech; non entrano perciò in collisione, ma convivono con l’architettura minimale in mattoni della piazza pedonale, della torre con l’orologio che segnala il passaggio fra vecchia stazione e nuovo complesso, e del volume cilindrico di ingresso dalla stazione autobus.

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MADRID – Salamanca ENRIC MIRALLES
Circulo de lectores
Centro culturale, 1991-92

II Circulo de Lectores è un importante club del libro con numerosi abbonati alle proprie promozioni editoriali, con attività culturali come esposizioni, conferenze o presentazioni di libri. In quanto scenario di eventi culturali, Miralles ha focalizzato la propria attenzione sull’aspetto teatrale del luogo. In un locale dalla geometria tortuosa Miralles ha disposto, in successione, l’ingresso, caratterizzato da un soppalco, una zona espositiva con un secondo soppalco e un salone di rappresentanza con due tribune sospese. Le peculiari forme e i movimenti imposti dall’architetto compongono un paesaggio interno brioso e leggero, sottolineato musicalmente dalle luci, bello ed effimero come l’immagine di un balletto.
L’impressione generale è di leggerezza e provvisorietà.
Nei dettagli definiti in corso d’opera e nei ritocchi, nelle rifiniture e nei pentimentos, ciò che si avverte maggiormente è l’attività corporea del progettista, il quale lascia la sua impronta con una violenza gestuale che ricorda l’action painting. La straordinaria ricchezza formale di Miralles permette di rilevare numerose influenze stilistiche.
In ogni caso, il suo illusionismo spontaneo fa di lui un prestigiatore edonista, energico e solare.

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MADRID – Salamanca HANS HOLLEIN
Sede central del Banco Santander
Banca, 1993

II Banco Santander è la più grande banca privata della Spagna. Quando la si cerca a Madrid ci si imbatte in numerosi edifici di questo istituto, tutti talmente rappresentativi da poter ospitare la sede centrale. Girovagando nel viale principale di Madrid, il Paseo de la Castellana, ci si imbatte in un edificio classicista, ben restaurato.
Un giardino frontale, disegnato in stile e circondato da un’alta recinzione, risulta alquanto ambizioso e irritante. Nel giardino c’è un cartello: Banco Santander. Nella facciata classicista si apre un ingresso stretto, e, ancora prima di potere assaporare la porta di sicurezza, si rimane bloccati in piedi a bocca aperta. Uno spazio di intensità e complessità mai viste, abbinato a una contemporanea apertura e forza, esplode formalmente dal nulla.
La Rotonda di Hans Hollein, finalmente il “vero” Banco Santander, con 23 metri di diametro e 27 metri di altezza racchiude una cubatura paragonabile a quella del museo Guggenheim a New York di F.L. Wright, e la sua partitura spaziale forma con il salone della Postsparkasse di 0. Wagner a Vienna, dell’inizio secolo, un legame concettuale espressivo. Il contrasto tra interno ed esterno è cosi marcato da giustificare lo shock assolutamente inaspettato causato da questa vista.
Deve essere evidenziato l’inusuale impegno progettuale che Hollein investe sempre per i suoi progetti. Già a partire dalla forza grafica dei primi schizzi si riconosce la lotta, che deve essere stata ingaggiata per un compito cosi difficile.

E gli innumerevoli modelli, fino alla scalo 1:5, proseguono questo confronto con il compito. Il dialogo tra progetto e modello continua nel confronto con l’esistente. Nel progetto le facciate dell’edificio erano vincolate. Eppure sarebbe stato possibile un totale svuotamento interno. Hollein però rispetta la struttura originaria, conservando l’esperienza dello strato spaziale delimitante il blocco. Questo spiega la presenza di uno spazio rettangolare anteposto alla Rotonda, che ne abbraccia la dimensione tagliandone la figura. Come se questo “anti-spazio” dovesse convincersi della sua presenza, esso si apre in profondità verso l’interno, e calamita l’attenzione verso una scala, modellata come una scultura. Questo “dialogo delle figure”, trova la sua eco in uno “scudo filtro”, posto sulla parete d’entrata dello spazio rettangolare, che chiude qui visivamente come un segno la forma tagliata della Rotonda.

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MADRID – Salamanca PHILIPPE STARCK
Teatriz
Ristorante, 1989

Teatriz, l’originario Teatro Infanta Beatriz disegnato da Eduardo Sanchez e Eduardo Lozaro nel 1923, è un’orgia di contraddizioni, brio ed entusiasmo che non manca mai di stupire.
Due grosse colonne evidenziano l’entrata, da cui parte un corridoio curvo che circonda la platea. Su questo alto spazio tondo, dove trova collocazione la sala da pranzo, si affacciano le balconate rivestite da un tendone di velluto che comprime il volume conferendo un senso di intimità all’ambiente. Un palo di legno lo scosta in un punto rivelando la presenza di un bar al livello più alto. Nel palcoscenico, il bar di onice retroilluminato appare come un gioiello. Nel piano interrato, accanto ad un bar che per contrasto è intimo e di lusso, c’è una piccola sala da ballo con un pavimento a risposta termica che lascia un’ombra in ritardo dell’impronta dei ballerini.

Particolare attenzione meritano i bagni ed in particolar modo i lavabi: al piano terra, nel bagno degli uomini, l’acqua scorre attraverso un tubo di ferro fino a cadere in un blocco di marmo, mentre in quello delle donne un lavabo d’angolo fatto di specchi lancia follemente riflessi in ogni direzione. Al piano interrato, in un’ultrafredda atmosfera creata da luci blu a UV, barocchi tavoli di marmo formano i lavabi nelle cui gambe viene fatta passare l’acqua di scarico.

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MADRID – Barajas ANTONIO CRUZ e ANTONIO ORTIZ
Estadio de Atletismo
Stadio di atletica, 1990-94

Lo stadio di atletica costituisce il nucleo della futura città dello sport di Canillejas e si configura come un elemento architettonico capace di affrontare la grande scala con un gesto unitario. Insolito, quasi surreale l’appellativo scherzoso che ha ribattezzato l’Estadio de Atletismo de la Comunidad de Madrid con il popolare nomignolo di “peineta”, ovvero pettine nei capelli di una ballerina di flamenco.

Elemento chiave dell’intero progetto, la grande tribuna inclinata si appoggia su una piattaforma incassata di due piani contenente i servizi e definisce il limite dell’area pubblica, al di là della quale viene descritto il grande anello riservato agli atleti. Sorretta dalla sequenza di grandi muri curvi la grande tribuna appare sospesa sullo spazio sacro del rito sportivo, consentendo al tempo stesso di guadagnare in altezza la visione della città in lontananza.

Il campo principale è circondato da un anello erboso in leggera pendenza; tutti i servizi complementari trovano sistemazione in un vasto basamento dove si situano gli ingressi per il pubblico. Forati dal gioco misterioso di finestre sottili come asole di luce, i grandi muri curvi definiscono il bordo esterno dello stadio; contengono al loro interno i sistemi di accesso degli spettatori, garantendo in tal modo una chiara distribuzione dei percorsi.

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MADRID – Vallecas FRANCISCO SAINZ DE OIZA
M30 – 1
Insediamento residenziale, 1986-89

Questi interventi di iniziativa pubblica, concentrati nel settore sud-orientale dell’autostrada urbana M-30, tra i quartieri di Moratalaz e Vallecas, affrontano il comune problema del rapporto tra la residenza e la grande infrastruttura viaria, perseguendo allo stesso tempo un’iconografia architettonica sostenibile in un paesaggio urbano generalmente privo di referenti validi e frutto di logiche estranee alla progettazione razionale dell’ambiente costruito.

Complesso residenziale M 30
Con l’acccttazione pragmatica della forma elicoidale di un unico grande blocco in linea suggerita dal piano regolatore, l’architetto dà vita ad un polemico intervento che si confronta senza mediazioni con la scala dell’autostrada, proponendo una sorta di cittadella fortificata; infatti l’intero corpo di fabbrica è interpretato, come un gigantesco muro che, ripiegandosi su se stesso, individua uno spazio interno protetto dal rumore e dal traffico, a cui si rivolgono i principali ambienti domestici. La durezza volumetrica è mitigata dal profilo gradonato che differenzia in altezza le varie sezioni dell’insieme, e mentre all’esterno il mattone ratifica la gravita muraria scandita dal ritmo uniforme delle finestre quadrate, all’interno la superficie acquisisce un carattere più aperto e residenziale mediante lo scavo delle terrazze e il recupero di una decorazione geometrica a colori vivaci.

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