Cinquant’anni | Ordine Architetti di Como
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Cinquant’anni


MERCOLEDI’ 16 SETTEMBRE 2009: FESTA DEL CINQUANTENARIO DI FONDAZIONE DELL’ORDINE

invito Cinquantenario

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libro Venezia

Il 30 ottobre del 1958, con il successivo atto formale della riunione del suo primo Consiglio e la nomina di Mario Cereghini alla presidenza, si costituiva ufficialmente l’Ordine degli Architetti nella nostra Provincia.
L’Ordine ha così voluto ricordare questi “nostri primi cinquant’anni” con una giornata celebrativa che ha trovato spazio in uno scenario “importante” come quello della Casa del Fascio del Terragni: il recente 16 settembre il Prof. Francesco Venezia vi ha tenuto una “lectio magistralis”. Professore presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, dopo le esperienze presso le Università di Genova, Berlino, Losanna e Harward, coglie l’opportunità di questa “commemorazione festosa” per parlare del progetto di architettura, per sottolineare come questo debba sempre confrontarsi con di chi ci ha preceduti: l’interpretazione della memoria storica come stimolo al miglioramento; in tal modo il senso del progetto non è la manieristica e scontata riproposizione di forme e proporzioni ma ricerca paziente di antichi valori, disegno che nasce oltre che dal riconoscimento del nostro vissuto storico anche dalla reinterpretazione delle sue regole e proporzioni attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie dei materiali; per arrivare ad ottenere un progetto ordinatamente composto e dotato di significato, e per questo “immortale”.
In occasione dell’incontro è stata organizzata la cerimonia di commemorazione del cinquantenario con la consegna della serigrafia (appositamente creata dall’Artista Fabrizio Musa) agli Iscritti del primo decennio di fondazione e ai Presidenti, in rappresentanza dei Consigli che hanno coordinato l’attività della Istituzione durante un lungo ed impegnativo periodo. E’ stata anche l’occasione per premiare il vincitore e i segnalati del Premio di Fotografia indetto proprio sul tema degli Anni ’50 dal ns. Ordine.

Cinquant’anni
Proprio così. Il 30 ottobre del 1958 e con il successivo atto formale della riunione del suo primo Consiglio e la nomina di Mario Cereghini alla presidenza, si costituiva ufficialmente l’Ordine degli Architetti nella nostra Provincia. Non so, francamente, se cinquanta anni siano tanti o pochi. Il mio status di cinquantenne vorrebbe considerarli ancora pochi, ma, il giudizio soffre di un evidente “conflitto di interesse”. Certo è che cinquant’anni nella vita delle persone rappresentano un importante momento di transizione, quando memorie e futuro confondono i propri confini tra bilanci e aspirazioni. E, se è sicuramente improprio trasporre il vissuto degli uomini alle loro strutture organizzative, non dobbiamo sottovalutare il fatto che queste riflettono nella società proprio le azioni e le reazioni di uomini e donne. Così, forse, non è del tutto inopportuno ricordare i cinquant’anni di un Ordine, affrontando un sereno e cosciente confronto su bilanci e prospettive, piuttosto che attraverso retoriche celebrazioni.
Sappiamo bene quanto la nostra professione sia profondamente cambiata da quel lontano 1958.
Noi architetti conosciamo la “fragilità” di questo nostro mestiere e questa consapevolezza è, oggi, ancor più profonda di fronte alla durezza della nuova recessione globalizzata.
Sappiamo quanto esposta sia una categoria professionale ben lontana da logiche e protezionismi corporativi e quanto una società realmente matura dovrebbe, a maggior ragione, attivarsi a sostegno della propria qualità architettonica e di opportunità lungimiranti per la nostra disciplina. Che fare dunque? Non abbiamo certo ricette miracolose ma, credo, che la necessità di rinnovamento e di salto culturale, che auspichiamo nella società, non possa non trovarci attori e promotori.
Rifiutare la marginalità in cui rischiamo di essere confinati è innanzitutto compito nostro.
Gli Ordini non sono libere associazioni ed è, quindi, comprensibile che per molti rappresentino un atto formale dovuto. Dovremmo, però, riflettere sulla loro potenzialità di straordinaria rete di contatto e organizzazione che, accanto ai propri fondativi compiti istituzionali e deontologici, può essere aperta a quelle forme partecipate di informazione e formazione, alla base di una seria professione moderna. Ritengo che nel proprio “piccolo” la storia dell’Ordine di Como testimoni una profonda tradizione nell’aver cercato di cogliere queste istanze.
Nessuna sterile presunzione ma, con la consapevolezza critica sui limiti della nostra azione passata e odierna, un responsabile riconoscimento verso l’impegno intellettuale di molti amici e colleghi.
Se il futuro impone ineludibili riflessioni, vorremmo che queste potessero essere discusse criticamente all’interno e all’esterno della nostra associazione, grazie a quella partecipazione che sarebbe utile si sviluppasse e si allargasse tra noi architetti.
Sempre più, anche nell’ambito delle professioni, oltre che nel commercio e nella produzione industriale, ci troviamo a confronto con un processo di forte internazionalizzazione degli scambi e della comunicazione che sta modificando rapidamente, se non freneticamente, i modelli di organizzazione del lavoro, un tempo più contestuali alle singole realtà.
Può essere utile dunque, fissare alcuni temi generali da cui derivare l’azione professionale e la sua organizzazione. Sempre più ci siamo convinti nell’ambito disciplinare ed anche nella società, che l’architettura è espressione culturale essenziale dell’identità storica in ogni Paese, fondata su un insieme di valori etici ed estetici che ne formano la qualità. Non può, dunque, essere un semplice fatto commerciale ma un interesse pubblico e un patrimonio della comunità da tutelare. A questa convinzione è necessario far corrispondere un rinnovo anche dell’organizzazione professionale in risposta alle crisi d’identità e di immagine della figura professionale, alle sue difficoltà oggettive, alle spinte a forme di “deregulation” quando snaturino i principi della qualità.
A questo proposito può essere richiamata la riforma delle professioni strenuamente invocata e perennemente rinviata in questi ultimi 15 anni.
Non dobbiamo dimenticare che i segnali della ricerca di una ridefinizione delle strutture professionali, ma anche delle tante normative inerenti il nostro campo di attività, riflettono disagi ed insoddisfazioni che avvertiamo tutti e che devono trovare una risposta.
Credo che la necessità più o meno consapevole di una nuova figura professionale, o meglio, di diverse figure, sia un problema di tutta la società. La qualifica della formazione, per affrontare difficoltà di inserimento nell’ambito del lavoro, delle nuove tecnologie e delle modalità di lavoro ancora spesso da sondare, accanto a problemi di concorrenza e di globalizzazione, costituiscono materia sufficiente per complicare non poco questo compito.
Un lavoro ambizioso che gli Ordini non possono certo risolvere da soli ma che possono cercare, nei limiti delle loro risorse, di contribuire ad affrontare. Questo impegno significa, innanzitutto, costituire una presenza e una voce costruttiva della società civile, attraverso proposte culturali e formative costruite grazie all’azione paziente e silenziosa delle commissioni e dei gruppi di lavoro aperti, va sottolineato, al contributo di tutti gli iscritti.
Un lavoro che, come già richiamato, parte da lontano e che ha segnato il percorso e la continuità di questo nostro Ordine.
Per testimoniare anche ai più giovani di noi questa lunga (ma non remota) storia vogliamo idealmente ricordare le presidenze e, con loro, tutti i colleghi che hanno partecipato alla attività dell’Ordine di questi cinquant’anni. A chi ci ha preceduto è dedicato questo giorno, che permettetemi di dire, dobbiamo considerare un po’ speciale.
A tutti noi l’augurio che, nelle trasformazioni inevitabili e, spesso, imprevedibili che attendono ancora la nostra professione, si possano accogliere e incentivare gli elementi di innovazione conservando il valore aggiunto di quella che Ridolfi definì l’”artigianalità mentale”.
Per il Consiglio dell’Ordine, il Presidente arch. Angelo Monti.

 

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