MADRID 2002 | Ordine Architetti di Como
Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Como
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Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Como

MADRID 2002

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VIAGGIO STUDIO MADRID 2002 – Itinerario I

MADRID – Centro JUAN NAVARRO BALDEWEG
Puerta de Toledo Centro per servizi sociali e centro culturale, 1985-1988

Uno dei nuclei di maggior importanza nell’area di San Francisco el Grande a Madrid è quello formato dalla Biblioteca e dal Centro di Servizi Sociali intorno alla Glorieta della Puerta de Toledo.
Il progetto propone un nuovo ordine strutturale in favore della singolarizzazione architettonica di ognuno degli spazi che, a modo di “evento”, incorniciano l’area compresa tra la chiesa di San Francisco, la Gran Via, la chiesa de la Paloma e la Puerto de Toledo.
Stabilita una relazione sintattica dell’insieme, gli edifici possono liberarsi di alcuni degli elementi di continuità come gli allineamenti o le altezze uniformi, configurandosi come corpi scultorei generatori del proprio spazio.
Per comprendere il progetto bisogna considerare il disegno generale della Puerta de Toledo: da una parte si ridefinisce il suolo che acquista una grande importanza nella formazione delle spalle della Glorieta e dall’altra nello sbocco della Calle de Toledo. Il piano della Piazza davanti alla Chiesa della Virgen de la Paloma, si mantiene quasi alla stessa quota fino alla Glorieta, apparendo come un piano panoramico e lasciando così visibile il dislivello che copre lo sviluppo del secondo tratto della Gran Via de San Francisco. Questo muro di contenimento e la rampa hanno la risposta simmetrica nel basamento della biblioteca dall’altra parte della Calle Toledo. Per non oscurare la Puerta de Lopez Aguado e per conservare il Parque de Bomberos, particolare attenzione è stata data alla scala degli edifici.
L’equilibrio dei volumi, il gioco di pieni e vuoti, si integra nella conformazione di un anello di poca altezza intorno alla Puerta, orientandosi a lei nei limiti della scala considerata più appropriata. Il vuoto della piazza alta dall’altro lato de la Calle de Toledo dialoga con carattere complementare con il pieno della cupola della Biblioteca.
La tensione nella presenza simultanea di effetti di concavità e convessità sono essenziali nell’esperienza spaziale della Glorieta.

MADRID – Centro JUAN NAVARRO BALDEWEG
Biblioteca Pedro Salinas
Biblioteca, 1990-1994

La biblioteca, come edificio di carattere civico, si distacca nella piazza disegnando con nitidezza il suo profilo. Il volume della cupola risolve, nella generalità della sua forma, le varie necessità di trattamento dello spazio urbano che questo punto esige.
L’edificio è formato da quattro piani. Nel piano interrato e con entrata laterale indipendente, c’è la biblioteca infantile (allo quale si può accedere anche dal piano superiore). Qui si trovano la sala lettura e libri per bambini, il deposito di libri per tutta lo biblioteca e la sala macchine. Al livello della strada, c’è la sala prestito con le librerie disposte radialmente, di facile accesso e controllo, e una sala conferenze per circa settanta persone. Al piano superiore e con un altro accesso indipendente dalla Glorieta de la Puerta de Toledo, c’è la sala lettura di due piani con una zona a doppia altezza dove si dispongono scaglionatamente le librerie, una zona per riviste e per audiovisivi.
Il disegno strutturale e gli effetti di luce naturale nel tamburo della cupola sono stati particolarmente studiati nel progetto. I paramenti esterni del basamento sono di granito grigio, e la parte superiore della biblioteca è in pietra naturale bianca.
Il disegno di questi paramenti, nel rispetto della pietra, nella composizione dei vuoti e nel trattamento della copertura, sono stati studiati in relazione agli edifici del Centro de Servicios Sociales dall’altro lato della Calle Toledo.

MADRID – Retiro RAFAEL MONEO
Stazione di Atocha
Stazione, 1984-1992

A Madrid Moneo ha progettato una sequenza di spazi aperti-scoperti che si pone come declinazione e continuazione ideale dell’intorno urbano, continuità riaffermata delle molteplici trasparenze e viste che si istituiscono fra le varie parti del complesso nodo ferroviario di Atocha.
Dati di partenza per la progettazione sono l’intenzione di quadruplicare la capacità della vecchia stazione e di eliminare il sovrappasso automobilistico in Glorieta de Carlos V. La nuova stazione diventa in realtà un insieme di funzioni urbane facenti perno sulla vecchia stazione recuperata e liberata dai binari (in essa sono sistemati i servizi-viaggiatori, mentre lo spazio degli ex-binari è stato trasformato da altri progettisti in giardino d’inverno con piante tropicali).

Il progetto del nuovo complesso funzionale parte dall’accettare il dislivello fra il piano stradale e quello della vecchia stazione, creando intorno a questa una piattaforma depressa che valorizza il vecchio edificio isolandolo. A sud della vecchia stazione vi sono le due nuove stazioni delle linee a breve e a lunga percorrenza, collegate fra loro, con la metropolitana, con la vecchia stazione, con la piazza pedonale e, a livello stradale, con i parcheggi delle automobili e con la stazione degli autobus. La stazione di Atocha è definibile come una costellazione di elementi diversi e collegati, un progetto che si svolge su piani orizzontali diversi inglobando il preesistente (edificio della vecchia stazione), flettendosi e adattandosi al contesto urbano rispetto al quale cerca di istituire trasparenze, viste e percorsi multipli, zone-filtro di sosta pedonale o di parcheggio. Rispondono a queste esigenze la piazza pedonale; l’edificio cilindrico di ingresso alla stazione degli autobus pensato come un gigantesco lucernario per l’illuminazione dei piani sottostanti; le pensiline dei due pareheggi-automobili risolte entrambe con elementi modulari metallici. Nella stazione, linee a lunga percorrenza, la suggestiva altezza di pilastri in cemento armato, di supporto alle unità modulari metalliche della copertura, è giustificata dall’esistenza di livelli orizzontali diversi (il piano delle banchine, il piano del mezzanino, e il piano stradale di parcheggio) e della volontà di aprire lo spazio della stazione verso la città. L’imponenza di questa pilastrata (che sfugge dalla maglia ortogonale per rispettare l’allineamento col fronte della vecchia stazione), cosi come l’imponenza della vetrata di chiusura sul “lato nord, non si qualificano peraltro high-tech; non entrano perciò in collisione, ma convivono con l’architettura minimale in mattoni della piazza pedonale, della torre con l’orologio che segnala il passaggio fra vecchia stazione e nuovo complesso, e del volume cilindrico di ingresso dalla stazione autobus.

MADRID – Salamanca ENRIC MIRALLES
Circulo de lectores
Centro culturale, 1991-92

II Circulo de Lectores è un importante club del libro con numerosi abbonati alle proprie promozioni editoriali, con attività culturali come esposizioni, conferenze o presentazioni di libri. In quanto scenario di eventi culturali, Miralles ha focalizzato la propria attenzione sull’aspetto teatrale del luogo. In un locale dalla geometria tortuosa Miralles ha disposto, in successione, l’ingresso, caratterizzato da un soppalco, una zona espositiva con un secondo soppalco e un salone di rappresentanza con due tribune sospese. Le peculiari forme e i movimenti imposti dall’architetto compongono un paesaggio interno brioso e leggero, sottolineato musicalmente dalle luci, bello ed effimero come l’immagine di un balletto.
L’impressione generale è di leggerezza e provvisorietà.
Nei dettagli definiti in corso d’opera e nei ritocchi, nelle rifiniture e nei pentimentos, ciò che si avverte maggiormente è l’attività corporea del progettista, il quale lascia la sua impronta con una violenza gestuale che ricorda l’action painting. La straordinaria ricchezza formale di Miralles permette di rilevare numerose influenze stilistiche.
In ogni caso, il suo illusionismo spontaneo fa di lui un prestigiatore edonista, energico e solare.

MADRID – Salamanca HANS HOLLEIN
Sede central del Banco Santander
Banca, 1993

II Banco Santander è la più grande banca privata della Spagna. Quando la si cerca a Madrid ci si imbatte in numerosi edifici di questo istituto, tutti talmente rappresentativi da poter ospitare la sede centrale. Girovagando nel viale principale di Madrid, il Paseo de la Castellana, ci si imbatte in un edificio classicista, ben restaurato.
Un giardino frontale, disegnato in stile e circondato da un’alta recinzione, risulta alquanto ambizioso e irritante. Nel giardino c’è un cartello: Banco Santander. Nella facciata classicista si apre un ingresso stretto, e, ancora prima di potere assaporare la porta di sicurezza, si rimane bloccati in piedi a bocca aperta. Uno spazio di intensità e complessità mai viste, abbinato a una contemporanea apertura e forza, esplode formalmente dal nulla.
La Rotonda di Hans Hollein, finalmente il “vero” Banco Santander, con 23 metri di diametro e 27 metri di altezza racchiude una cubatura paragonabile a quella del museo Guggenheim a New York di F.L. Wright, e la sua partitura spaziale forma con il salone della Postsparkasse di 0. Wagner a Vienna, dell’inizio secolo, un legame concettuale espressivo. Il contrasto tra interno ed esterno è cosi marcato da giustificare lo shock assolutamente inaspettato causato da questa vista.
Deve essere evidenziato l’inusuale impegno progettuale che Hollein investe sempre per i suoi progetti. Già a partire dalla forza grafica dei primi schizzi si riconosce la lotta, che deve essere stata ingaggiata per un compito cosi difficile.

E gli innumerevoli modelli, fino alla scalo 1:5, proseguono questo confronto con il compito. Il dialogo tra progetto e modello continua nel confronto con l’esistente. Nel progetto le facciate dell’edificio erano vincolate. Eppure sarebbe stato possibile un totale svuotamento interno. Hollein però rispetta la struttura originaria, conservando l’esperienza dello strato spaziale delimitante il blocco. Questo spiega la presenza di uno spazio rettangolare anteposto alla Rotonda, che ne abbraccia la dimensione tagliandone la figura. Come se questo “anti-spazio” dovesse convincersi della sua presenza, esso si apre in profondità verso l’interno, e calamita l’attenzione verso una scala, modellata come una scultura. Questo “dialogo delle figure”, trova la sua eco in uno “scudo filtro”, posto sulla parete d’entrata dello spazio rettangolare, che chiude qui visivamente come un segno la forma tagliata della Rotonda.

MADRID – Salamanca PHILIPPE STARCK
Teatriz
Ristorante, 1989

Teatriz, l’originario Teatro Infanta Beatriz disegnato da Eduardo Sanchez e Eduardo Lozaro nel 1923, è un’orgia di contraddizioni, brio ed entusiasmo che non manca mai di stupire.
Due grosse colonne evidenziano l’entrata, da cui parte un corridoio curvo che circonda la platea. Su questo alto spazio tondo, dove trova collocazione la sala da pranzo, si affacciano le balconate rivestite da un tendone di velluto che comprime il volume conferendo un senso di intimità all’ambiente. Un palo di legno lo scosta in un punto rivelando la presenza di un bar al livello più alto. Nel palcoscenico, il bar di onice retroilluminato appare come un gioiello. Nel piano interrato, accanto ad un bar che per contrasto è intimo e di lusso, c’è una piccola sala da ballo con un pavimento a risposta termica che lascia un’ombra in ritardo dell’impronta dei ballerini.

Particolare attenzione meritano i bagni ed in particolar modo i lavabi: al piano terra, nel bagno degli uomini, l’acqua scorre attraverso un tubo di ferro fino a cadere in un blocco di marmo, mentre in quello delle donne un lavabo d’angolo fatto di specchi lancia follemente riflessi in ogni direzione. Al piano interrato, in un’ultrafredda atmosfera creata da luci blu a UV, barocchi tavoli di marmo formano i lavabi nelle cui gambe viene fatta passare l’acqua di scarico.

MADRID – Barajas ANTONIO CRUZ e ANTONIO ORTIZ
Estadio de Atletismo
Stadio di atletica, 1990-94

Lo stadio di atletica costituisce il nucleo della futura città dello sport di Canillejas e si configura come un elemento architettonico capace di affrontare la grande scala con un gesto unitario. Insolito, quasi surreale l’appellativo scherzoso che ha ribattezzato l’Estadio de Atletismo de la Comunidad de Madrid con il popolare nomignolo di “peineta”, ovvero pettine nei capelli di una ballerina di flamenco.

Elemento chiave dell’intero progetto, la grande tribuna inclinata si appoggia su una piattaforma incassata di due piani contenente i servizi e definisce il limite dell’area pubblica, al di là della quale viene descritto il grande anello riservato agli atleti. Sorretta dalla sequenza di grandi muri curvi la grande tribuna appare sospesa sullo spazio sacro del rito sportivo, consentendo al tempo stesso di guadagnare in altezza la visione della città in lontananza.

Il campo principale è circondato da un anello erboso in leggera pendenza; tutti i servizi complementari trovano sistemazione in un vasto basamento dove si situano gli ingressi per il pubblico. Forati dal gioco misterioso di finestre sottili come asole di luce, i grandi muri curvi definiscono il bordo esterno dello stadio; contengono al loro interno i sistemi di accesso degli spettatori, garantendo in tal modo una chiara distribuzione dei percorsi.

MADRID – Vallecas FRANCISCO SAINZ DE OIZA
M30 – 1
Insediamento residenziale, 1986-89

Questi interventi di iniziativa pubblica, concentrati nel settore sud-orientale dell’autostrada urbana M-30, tra i quartieri di Moratalaz e Vallecas, affrontano il comune problema del rapporto tra la residenza e la grande infrastruttura viaria, perseguendo allo stesso tempo un’iconografia architettonica sostenibile in un paesaggio urbano generalmente privo di referenti validi e frutto di logiche estranee alla progettazione razionale dell’ambiente costruito.

Complesso residenziale M 30
Con l’acccttazione pragmatica della forma elicoidale di un unico grande blocco in linea suggerita dal piano regolatore, l’architetto dà vita ad un polemico intervento che si confronta senza mediazioni con la scala dell’autostrada, proponendo una sorta di cittadella fortificata; infatti l’intero corpo di fabbrica è interpretato, come un gigantesco muro che, ripiegandosi su se stesso, individua uno spazio interno protetto dal rumore e dal traffico, a cui si rivolgono i principali ambienti domestici. La durezza volumetrica è mitigata dal profilo gradonato che differenzia in altezza le varie sezioni dell’insieme, e mentre all’esterno il mattone ratifica la gravita muraria scandita dal ritmo uniforme delle finestre quadrate, all’interno la superficie acquisisce un carattere più aperto e residenziale mediante lo scavo delle terrazze e il recupero di una decorazione geometrica a colori vivaci.

VIAGGIO STUDIO MADRID 2002 – Itinerario II

MADRID – Carabanchel
FRANCISCO RODRIGUEZ DE PARTEARROJO
Biblioteca La Latina
Biblioteca, 1990-92
Con la sua chiara organizzazione e lo sua architettura autonoma, la biblioteca domina un importante angolo di quartiere: l’area ad essa circostante, disegnata con estrema cura, prevede l’utilizzo di piani a verde con sedute per il relax. La semplice pianta triangolare di quest’edificio permette un facile controllo dei movimenti che avvengono al suo interno da parte di un bancone centrale, mentre il suo accesso avviene su un solo lato del triangolo; ascensori e scale si arrampicano, entro un piccolo vuoto, sul lato dell’asse di circolazione. Al piano terreno è stata collocato una sala di lettura, la cui parete curva crea una leggera transizione nei pressi dell’angolo acuto.

Il cuore dell’edificio risulta essere rivestito in mattoni, con una serie di inserti vetrati che creano effetti di tagli di luce sulle scale. La chiara e sintetica organizzazione planimetrica di questa libreria si riflette anche nella sezione verticale che risulta essere molto curata nella scelta dei materiali: lastre di pietra la rivestono e alloggiano, a loro volta, delle fasce vetrate profondamente incassate. Frangisole in alluminio posizionati sul perimetro dell’edificio proteggono da riflessi indesiderati, mentre un lucernario lascia permeare dentro il cuore dell’edificio la luce diurna.

MADRID – Villaverde
ALBERTO CAMPO BAEZA
Escuole de la Republica de Brasil
Scuola, 1983-85
Esempio dell’architettura ascetica, minimalista e compositiva di Campo Baeza, che raggiunge in questa opera una completa espressione.
Astraendosi da un contesto periferico privo di riferimenti, il padiglione integra il complesso scolastico già esistente e si configura come un oggetto autonomo retto da un sistema compositivo in cui l’essenzialità e l’economia dei mezzi espressivi sono motivo di qualificazione spaziale. La linearità dell’impianto, dettata dalla successione delle aule rivolte a mezzogiorno, è interrotto dall’espansione del vestibolo che spezza la compattezza della superficie in mattoni e si manifesta attraverso un volume cilindrico di vetrocemento, sorta di scatola luminosa dove vengono ospitati i servizi e la scala principale celata dalla griglia astratta della grande struttura di sostegno.
Le classi si aprono a sud. la Hall è il centro dell’edificio.
Superficie : 1800 mq.

MADRID – Centro
ALBERTO CAMPO BAEZA
Tienda de Jesus del Pozo
Negozio, 1988
E’ questo un lavoro inusuale per l’architetto madrileno, che si è sempre dedicato sia alla sfera dell’edilizia pubblica, soprattutto scolastica, che a quella privata delle case unifamiliari. Campo Baeza è tuttavia riuscito a trasferire in questo piccolo spazio tutta l’essenzialità e l’eleganza che da sempre contraddistinguono i suoi lavori.
Un imponente portale dal grosso spessore lasciato fluttuare nell’apertura preesistente come una massa autonoma, conferisce all’ingresso di questo negozio un’accentuata tridimensionalità; la finestra orizzontale posta al suo interno all’altezza dello sguardo dei passanti, sottolinea ulteriormente la volontà di trasformare questo portoncino metallico in un vero e proprio muro semovente, che riprende concettualmente la forza del suo fare progettuale basato sull’utilizzo di grandi campiture murarie.
Lo spazio interno risulta, invece, alquanto suggestivo grazie alla presenza di specchi collocati sulle pareti longitudinali e al soffitto nero, affollato di piccoli puntini luminosi, come un grande cielo stellato.

MADRID – Retiro

ANGEL FERNANDEZ ALBA
Serra d’esposizione del Real Jardin Botanico
Serra, 1991-93
Contiene più di 1200 piante e rappresenta il frutto del lavoro congiunto di architetti, botanici, giardinieri, consulenti energetici e ingegneri.
Il corpo centrale dell’edificio è organizzato per tre condizioni climatiche differenti: zona deserto, zona sub-tropicale o temperata e tropicale. L’ingresso principale è situato a ovest della serra; all’estremo opposto c’è una connessione con la serra esistente. L’edificio è orientato E-0 per raggiungere il massimo del soleggiamento.
La copertura è dotata di un sistema di oscuramento automatico concepito per compensare le oscillazioni temiche interne e l’eccessiva luce solare. Il sistema di climatizzazione è dotato di pannelli solari situati nella parte superiore della serra e di una grande quantità di acqua raccolta al di sotto dei percorsi pedonali che mantiene la temperatura adeguata.

MADRID – Retiro
RAFAEL MONEO
Reforma del Museo Thyssen-Bornemisza
Museo, 1989-92
Il Palazzo di Villahermosa fu costruito nella seconda metà del XVIII sec. su richiesta di Alessandro Pico della Mirandola e seguendo il progetto dell’arch. Francisco Sanchez. Con la riforma ad opera di A.L. Aguado, l’edificio in oggetto consolidò la tipologia della sua facciata, mentre le piante subirono una radicale trasformazione: dopo la Guerra d’Indipendenza, infatti, venne cambiato l’orientamento del suo accesso principale, il quale trovò nuova collocazione a Nord e solo dopo aver attraversato un ampio giardino. Purtroppo il nuovo corpo, internamente svuotato per poi essere tripartito, sembra non trovare valido riscontro con la rigidità geometrica della facciata.

Durante gli anni ’40 si installò nel palazzo una succursale bancaria che, nel 1973, realizzò una profonda trasformazione dell’edificio: venne regolarizzato il sistema dei muri interni, si modificò la copertura e si realizzò un patio coperto davanti all’ingresso, mantenuto sempre a Nord. A seguito di una grave crisi finanziaria del gruppo bancario, il palazzo divenne edifico di una certa importanza per il governo spagnolo e venne destinato a museo: si mantenne l’ingresso principale nella facciata Nord, alla quale si fece corrispondere, internamente, una galleria illuminata zenitalmente. In tal modo si è voluto rispettare il più possibile sia la facciata esistente che la contenuta geometria di base del Palazzo Villahermosa.

MADRID – Salamanca
E. ALVAREZ-SALA, C. RUBIO, C. RUIZ-LARREA
Oficinas de Alcalà Galiano
Uffici, 1990-91
II piccolo edificio amministrativo è posto in uno spazio vuoto al centro di un isolato. Ai livelli interrati l’autorimessa occupa tutto il lotto; da qui parte il muro di fondo dei servizi e i 2 muri di contenimento. L’intenzione del fuori terra è anch’essa quella di coprire idealmente tutto il lotto: grazie alla facciata completamente vetrata la spazialità interna scorre verso l’esterno prendendo possesso del vuoto.
In pratica la quarta facciata degli uffici è quella dell’edificio di fronte. L’idea del progetto è nella facciata che, con un’ingegnosa soluzione strutturale, è stata realizzata come una gigantesca trave che sostiene tutti i piani appoggiandosi, al primo piano, solo su due muri laterali, senza pilastri intermedi. Leggerezza e rigore sono il frutto di una sofisticazione costruttiva che tende a sottrarre, limitare, semplificare.
La facciata è un quadrato di 12 x 12 metri, formato da 16 quadrati di 3 x 3 mt. Tutti i servizi, ridotti a dimensioni minime, sono posti linearmente contro il muro di fondo, liberando a ogni piano un grande ambiente unico.

MADRID – Ciudad Universitaria
JOSE’ IGNACIO LINASAZORO
Biblioteca Universitaria
Biblioteca,1989-94

Volutamente ermetico, l’edificio quasi non rivela il suo contenuto all’esterno. La vicinanza dell’autostrada da un lato e il vasto panorama dall’altro hanno condizionato la soluzione progettuale dell’edificio in cui convivono spazi raccolti, destinati allo studio e alla lettura e grandi aperture sul magnifico paesaggio circostante.

La biblioteca è organizzata secondo il modello anglosassone, con accesso diretto ai libri da parte dei lettori: la zona degli scaffali e l’area di lettura sono in stretto rapporto. Sovrapposti e non collegati tra loro troviamo l’atrio d’ingresso, la sala di lettura e l’area dei libri (uno spazio unitario alto sei piani comunicanti fra loro attraverso scale interne) e il piano della caffetteria e dell’amministrazione.

La struttura portante, impostata su una maglia di 4,5 mt. di lato, è indipendente dall’involucro esterno. La sala di lettura, vero cuore dell’edificio, è centrata su una apertura circolare inscritta nella maglia strutturale, con un soffitto in legno a cassettoni che permette alla luce di piovere dall’alto. Nella sala di lettura i lettori siedono in cerchio circondati dalle scaffalature fisse. La luce – una luce diffusa e bizantina – penetra in parte attraverso strette finestre orizzontali sopra le scaffalature e in parte dall’alto attraverso il lucernario centrale. Al piano più alto lo spazio è invertito, chiuso all’interno e aperto all’esterno sullo splendido panorama.

All’esterno l’uso del mattone, materiale principiale anche degli edifici universitari circostanti, è un omaggio a questi ultimi, oltre a simboleggiare la stabilità e la durata che si addicono alla funzione istituzionale dell’edificio.

MADRID – Majadahonda
JAVIER BELLOSILLO
Escuole da Musica
Scuola di Musica, 1991-96

La scuola di musica sembra sorgere bruscamente dal terreno, come una specie di organismo “mostruoso” a lungo nascosto: la frattura degli elementi dell’edificio acquista infatti una potenza esagerata, in contrasto assoluto con gli edifici circostanti che, al contrario, risultano senza vita.

La parete di cemento armato a vista che racchiude i blocchi di vetrocemento si combina con l’acciaio ossidato costituendo una composizione di tipo decostruttivista. La bravura di Bellosillo, come per gli uffici Tesauro, è stata quella di rompere in maniera brutale le parti costituenti il progetto mantenendo, al contempo, una sequenza logica degli spazi.
I percorsi di distribuzione interna si sviluppano lungo una spina centrale lungo la quale si distribuiscono le classi: un cilindro posto nella parte Sud dell’edificio alloggia la sala del seminario, mentre l’auditorium inclinato sfonda la suddetta spina nella sua parte Nord-Est, nelle prossimità una cascata d’acqua. L’accesso avviene attraverso una porta d’acciaio pivotante ed è perpendicolare alla spina stessa. Le finiture interne riprendono l’immagine post-industriale dell’esterno accompagnandosi ai pavimenti in granito grigio e alle pareti in stucco cerato scuro e acciaio verniciato.

Bellosillo descrive l’edificio come l’inferno: la luce diffusa che muta col variare delle prospettive, e allo stesso tempo connette le esperienze spaziali, però, fa pensare più ad una luce celestiale che infernale.


MADRID – San Fernando de Henares

EMILIO TUNON e LUIS MORENO MANSILLA
Piscina municipale, 1994-98
La piscina municipale di San Fernando de Henares esplora le risorse relative alla leggerezza e alla trasparenza, il cui volume traforato ed esile, chiede di essere concluso da una copertura autonoma e racchiuso da una superficie avvolgente. Concepita come oggetto, con la geometria rettangolare del suo perimetro è deposta sul terreno con un’indifferenza moderna e deformata per dominare e nascondere le costruzioni esistenti.

Uno spazio interno delimitato da un “velo” traforato. Ma anche una superficie avvolgente che agisce da recettore convesso, occultando ciò che racchiude. Da un lato, l’esterno, dall’altro, l’interno: indipendenti l’uno dall’altro.
Questa autonomia fra interno ed esterno è molto evidente nella sezione: innalzato il piano orizzontale di uso delle piscine sopra il livello del terreno per motivi derivanti dalla falda freatica, questo fatto non appare raccolto né inscritto nell’ordine ripetitivo della facciata. Essa non intende offrire ulteriori momenti di connessione fra l’interno e l’esterno se non quelli strettamente necessari.

Costruita con la ripetizione di pezzi prefabbricati di cemento armato, l’attenta modulazione fra spazi pieni e vuoti esplora le possibilità di alcuni paradossi materiali: i muri vuoti, la leggerezza di ciò che è solido, il filtro della luce attraverso la massa, le variazioni di profondità e figura: questa è la sua ragione d’essere, ma anche il suo limite.
La vocazione autonoma del volume della piscina si trasferisce alla facciata, giustificandone la creazione ripetitiva, in serie e uniforme.

Tuttavia, la sua ubicazione, il fatto di mescolarsi alle costruzioni esistenti, introduce un’interferenza nella logica iniziale. Il volume perde la sua autonomia, la sua condizione di oggetto isolato. Costretta a concentrare su di sé tutta l’attenzione, la membrana avvolgente diventa superficie piana, facciata di una struttura maggiore capace di imporre una direzionalità e una frontalità non voluta.

VIAGGIO STUDIO COPENHAGEN 2001 – III itinerario

COPENHAGEN – Frederiksberg
ENTASIS ARKITEKTER
Zooloaccal Gardens
Edificio di accesso, 1998

Una lunga struttura delimita Roskildevej Road.
Il nuovo edificio d’entrata allo zoo è diviso nella sua lunghezza in tre elementi spaziali: un leggero edificio vetrato per il foyer ed il centro d’informazioni; un aperto e asimmetrico cancello; un blocco scuro che ospita una libreria ed i servizi per il personale.
La scala della doppia altezza dell’arco d’entrata crea un senso di monumentalità e con le sue lineari ed inclinate pareti di legno conduce i visitatori nello zoo.

Sporgente dal retro del padiglione d’entrata c’è l’auditorium, una scura scatola di calcestruzzo.
Ad uno estremità un ritmo di impressioni inspirato a De Stijl, porta la facciata a sembrare un gigantesco quadro.
Lungo il lato, un animato schermo in cedro rosso, caratterizzato dalle sottili imposte verticali, si affaccia sul cortile dell’entrata principale.
Una bassa aula protetta dietro un ondulato muro di cemento, riduce la massa dell’edificio fino a farlo quasi sparire verso l’adiacente laghetto.

 

ROSKILDE
Museo vichingo a Roskilde
Complesso museale, 1992 (Concorso), 1997 (Realizzazione)

Costruito come ampliamento del museo giò esistente fin dal 1963 (progetto di Eric Christiar Sorensen), il. corpiesso consta di 8 edifici concepiti come unitò indipendenti, edificati su di un?isola artificiale accessibile a piedi attraverso pontili in legno che la collegano alla terra~erna.
Nonostante la forte autonomia formole, ciascun edificio si rapporto perfettamente agli altri creando un complesso organico e ben riconoscibile.
~e attivitò di ricerca e laboratorio sono tutte al piano terreno in Situazioni di completa permeobilita da parte dei visitatori. La struttura degli edifici è in legno e adotta un modulo di 180 cm. ben visibile all?interno di ogni costruzione.
I rivestimenti di facciata sono in doghe di cedro. r serra~enti adottano il legno e l?OllUm~fljo, le cancellate sono invece in acciaio gaivanizzato. Tutti i materiali esterni sono previsti per non implicare alcuna manutenzione.

THE BOAT VAROTHE SCHOOL SERVICE
1.Constructional hall1. Classroor
2.Carpentry norkshop2. Toiiet
3.Paint storage3. Storage
4.Storage
5.Forenian s pen
6.Locker-room
7.Toilets
8.Lunchroorn

Il Museo della Nave Vichinga nel suo aspetto rispecchia lo spirito degli oggetti che contiene: semplice, robusto e sincero, la sua architettura è il risultato di esigenze funzionali ed espressività visiva, realizzata con materiali naturali ed un attento senso delle proporzioni.
Una porte degli edifici è adibito olIo attività di riproduzione delle navi vichinghe ricostruite seguendo le tecniche tradizionali. Architetto del Paesaggio: Jeppe Aagoard Andersen

 

RODOVRE

ARNE JACOBSEN
Municipio – Rodovre
Municipio, 1954-56

Un edificio per uffici e una sala per consiglio municipale erano i due elementi alla base del programma per questo edificio. L’edificio per uffici ha una struttura consistente in una doppia fila di montanti e travi che sostengono la facciata continua in acciaio e vetro. La facciata continua è chiusa e serrata alle estremità da pareti in pietra.

La sala del consiglio municipale è basata sullo stesso principio, con due facciate cieche rivestite in pietra e due facciate vetrate, fra loro contrapposte. Ma qui l’impianto è ruotato in modo da risultare perpendicolare all’altro edificio, al quale è collegato da un corridoio vetrato.
Il raffinato gioco di semplicissimi effetti è chiaro muovendosi intorno all’edificio, ed è evidente nell’ingresso principale, contrassegnato da una semplice pensilina, nel foyer con una scala sospesa e leggera, e nel sobrio e preciso interno della sala del consiglio municipale.
Il municipio è privo della tradizionale monumentalità, ma possiede una discreta dignità che fa di esso una architettura esemplare.

 

RODOVRE

ARNE JACOBSEN
Bibioteca centrale – Rodovre
Biblioteca, 1969

Nella piazza dei Minicipio di Rodovre si affacciano due edifici di Arne Jacobsen: il palazzo municipale del 1955 e la biblioteca del 1969.
Si tratto di due edifici architettonicomente contrastanti: il municipio leggero e trasparente, la biblioteca pesante e chiusa.
Contrasto che appare essenzialmente architettonico più chefunzionale, specialmente nel caso della biblioteca. La facciata di marmo nera circonda i bassi locali della bibliotecacome un ininterrotto muro chiuso, con la luce che penetra dal tetto e dalla corte.
Il tetto, in corrispondenza della hall viene tagliato e traslato ad un livello superiore rompendo con il basso blocco delle stanze.
In questo modo crea una ‘lanterna’ che permette il passaggio della luce interrompendone la continuità.
La biblioteca fu uno degli ultimi lavori di architettonici di Jacobsen, che con la sua estetica semplicità ne esprime il personale stile architettonico.

 

RODOVRE

DISSIG + WEITLING a/s
Viften cultural center
Centro culturale, 1989

Qesto edificio rappresenta lo stadio finale della trilogia degli edifici di Rodovre iniziata con il municipio di Arne Jacobsen nel 1955 e proseguita con la sua biblioteca nel 1969.
Il centro culturale, come il municipio e la biblioteca, è un edificio isolato privo di forte carattere urbano. D’altra parte esso segnala chiaramente la sua funzione. Il teatro è una forma chiusa, discretamente intaccato dallo sporgenza del palcoscenico.
Sul lato opposto, l’edificio laterale rivestito di zinco a forma di ventaglio, con foyer e cafè, si apre in modo naturale sulla piazza, mentre la torre tonda delle scale rappresenta funzionalmente e espressivamente il punto cardine primario del progetto. In modo discreto il centro culturale completa la collezione.

 

BAGSERD

JORN UTZON
Chiesa di Bagsverd
Chiesa, 1969

L’edificio sorge in un sobborgo di Copenaghen su una striscia di terreno compresa tra una grande arteria e La strada di accesso ad una lottizzazione.
Utzon ha spiegato le forme della cappella con una immagine poetica del genere a lui caro e giò impiegato per illustrare la genesi del Teatro dell’opera di Sydney, collegandole ai ricordi di una notte trascorsa su una spiaggia delle isole Ua~aii ad osservare il mutare delle forme delle nubi e della luce che ne filtrava. Nella trasposizione del ricordo la spiaggia è divenuta il pavimento e le nubi la copertura del suo edificio, dando vita ad un costruzione spaziale impressionante.
Non appena varcato una delle porte lignee che immettono in una bassa anticamera, il visitatore è come risucchiato dallo sviluppo delle volte, verso la luce proveniente da un’apertura invisibile.
Si delinea quindi l’alto volume dell?cmrbiente principale, con i “cilindri” in cemento armato sovrapposti fra le facciate laterali. Il prospetto erto e duro suscita un senso di oppressione; no basta spostarsi leggermente di lato perché gli elementi che lo compongono si dispieghino in un profilo sinuoso, al quale lo semplice imbiancatuma a calce del cemento faccia a vista conferisce particolare suggestione. Come le nuvole e l’orizzonte, lo spazio che definiscono è in costante mutamento e non si lascia mai cogliere nella sua totalità.
Il linguaggio utilizzato a Bagsverd ha le proprie inconfondibili radici della tradizione scandinava
Ed è riferibile sia al progetto di Aalto per un crematorio in Danimarca che ai paesaggi in muratura
Della prima lottizzazione progettuale dello stesso Utzon.
Le volte di Bagsverd sono modellate dalla compenetrazione di cerchi teorici; le armature dei vari elementi sono modellate come porzioni di cilindri di diversi dicretri. Inoltre, mentre la sezione della cappella adatta la geometria del cerchio, la pianta della chiesa si attiene a quella del quadrato. Essa consta infatti di tre identiche unità giustapposte, corrispondenti a tre quadrati di 22 metri dilato che corrispondono ad altrettante porti del progranra dell’edificio: cappella, ambienti della parrocchia, spazi comuni.
Così come a Sydney la ricerca sulla geometria è un riflesso della passione per l’armonia che in essa, secondo Utzon, trova il suo più sicuro fondcrento.

 

KLAMPENBORG
ARNE JACOBSEN
Bellevue Beach e Complesso Bellavista
Residenze – Attrezzature per la spiaggia, 1932-34

Nell’area di fronte alla spiaggia di Bellevue a Klampenborg, a nord di Copenhagen

 

KLAMPENBORG
ARNE JACOBSEN
Bellevue Teatret e Ristorante Bellevue
Teatro- Ristorante, 1932-35

Il Bellevue Teatret fu completato nel 1935 per spettacoli nel periodo estivo. Il suo aspetto esterno comunica questa leggerezza, la quale e ancor più sottolineata dalla copertura mobile sopra le sedute, che può essere aperta in condizioni atmosferiche favorevoli, creando una condizione di teatro all’aperto. Questo progetto ha segnato l’inizio per Arne Jacobsen dell’utilizzo del legno curvato con la tecnica del vapore. L’ondulazione dello schienale delle sedie è marcata dal loro profilo verticale, ed il gioco di colori usato per posizionare le varie file è stata pensato come una sorta di riflessione della dolce onda del suono. La tenda da riparo che si appoggia alla parete del teatro e la copertura dello stesso, in combinazione con l’oscillazione dello schienale delle sedie, contribuiscono a ricreare l’atmosfera della spiaggia all’interno del teatro.

COPENHAGEN – Ne Copenhagen
C.F. MOLLER TEGNESTUE
Ne CopenhagenAmpliamento Museo Reale d’Arte
Museo, 1993 (progetto concorso), 1998 (realizzazione)

Nel 1884 il palazzo Christiansborg di Copenaghen venne completamente distrutto da un incendio, nel corso del quale andarono perdute anche parti importanti della collezione nazionale d’arte ospitata all’interno dell’edificio. Al concorso per una nuova costruzione destinata a divenire sede del Museo nazionale d’arte, risultò vincente il progetto dell’architetto Jens Vilhelm Dohlerup. Nel 1990 il ministero della cultura danese decise di realizzare l’ampliamento del museo; il relativo concorso, del 1992, venne vinto dallo studio C.F. Møller Tegnestue.
Il nuovo Museo Reale d’Arte è la conferma che lo strumento del concorso in Danimarca viene regolarmente applicato ed utilizzato divenendo così strumento di ordinario affidamento di incarico.

La proposta vincente proponeva di realizzare l’ampliamento costruendo un’ala sottile lungo tutto il prospetto nord dell’edificio preesistente, una soluzione a “sandwich”, come è stata definita. Sei anni dopo, nel 1998, veniva inaugurata l’ala dell’ampliamento. La scelta del posizionamento del nuovo corpo nella stretta striscia di terreno o nord, a ridosso del lago, è nata dalla convinzione che il corpo aggiunto non doveva né prevalere né risultare subordinato al museo esistente. Il nuovo progetto intende trasformare l’edificio museale di Dahlerup in una parte di un complesso architettonico coerente, in un esempio di linguaggio contemporaneo.
I due assi intersecati che caratterizzano la nuovo organizzazione del museo esprimono lo sforzo che così è stato compiuto. Essi corrispondono alla fenditura vetrata tra l’edificio esistente e quello nuovo – la sala detta “Panopticon”, articolata come uno strada coperta – e all’asse perpendicolare che porte dall’ingresso principale e porta, attraverso l’edificio, all’esterno nel parco retrostante.
Il movimento lungo questo asse perpendicolare è caratterizzato dalla risalita dalla piazza Georg Brandes, di fronte al museo, si prosegue oltre l’atrio attraverso nuove linee di percezione e di penetrazione e verso l’esterno nella sala “Panopticon”, collocata in senso trasversale.
La scala di marmo originale di Dahlerup, che un tempo consentiva di salire dall’atrio al secondo piano, è stata riproposta attribuendole un movimento discendente; si è raggiunto nel nuovo museo un effetto spaziale notevole.
Il nuovo ampliamento del museo è così frutto del nostro tempo come lo era l’edificio di Dahlerup all’epoca della sua realizzazione. Come è tipico nelle nuove istituzioni culturali, l’atrio èdiventato una cattedrale ove si celebrano le nozze del pubblico con l’arte, uno spazio dove ognuno può veder rispecchiati i propri interessi culturali.

Ordine architetti di como